Storia
Il Sovrano rescritto del 7 novembre 1805 della Reggente di Toscana Maria Luisa sancisce ufficialmente la nascita dell’Accademia valdarnese del Poggio a Figline. Il documento rispondeva alla supplica inviata da un gruppo di intellettuali guidati da Giacomo Sacchetti, allora professore di logica e metafisica all’Università di Pisa. Giacomo Sacchetti (il restauratore, come veniva chiamato negli ambienti accademici) e i suoi amici accreditavano presso il grande pubblico (forzando abbondantemente la verità storica), il nuovo Istituto come la continuazione della Achademia Valdarnina di Poggio Bracciolini, definizione che l’umanista usava per i conversari che egli teneva nella sua casa di Terranuova.
Alla partenza dei Francesi, l’esperienza rischiò di chiudersi per sempre, come rischiarono la dispersione la raccolte di fossili e di libri che da subito erano andate formandosi. Di lì a qualche anno (nel 1819) l’Accademia riprese le sue attività a Montevarchi, proseguendo un cammino che è arrivato fino ai nostri giorni.
Nella lunga storia dell’Accademia si possono delineare vari periodi.
Il primo quarantennio dell’800 dominato dalla figura del fondatore che muore nel 1840 e contrassegnato da una cultura che eredita le suggestioni dell’Illuminismo di stampo leopoldino e le novità introdotte dal periodo napoleonico. Nonostante qualche tributo che ancora viene pagato a una cultura di carattere erudito e sensibile alle divagazione poetiche, l’Istituzione si impone fin da questo periodo per la sua particolare caratteristica di laboratorio aperto alle innovazioni e al progresso. Lo testimoniano innumerevoli iniziative che si svilupperanno fin da allora nel tempo, nei più svariati settori: dall’educazione (Scuole di Mutuo insegnamento, cattedre agrarie, biblioteca circolante) alla ricerca (nell’indagine paleontologica), dalla promozione di attività economiche (nell’industria mineraria, nel settore bancario, soprattutto nell’agricoltura) a quelle di tipo solidaristico (borse di studio, ospedali, invio dei bambini scrofolosi alle colonie marine).
Dal 1835 compaiono le «Memorie valdarnesi», la rivista che con alterne vicende sarebbe arrivata fino ai nostri giorni.
Il periodo che prepara l’avvento dell’Unità italiana testimonia l’adesione di molti soci al variegato mondo ideale del liberalismo toscano (da Francesco Martini a Raffaele Lambruschini, da Giovan Battista Dami a Pietro Cilembrini) e che si concretizza in itinerari di tipo pre-politico e politico e in fattive iniziative di promozione sociale ed economica. Particolarmente incisiva sarà la presidenza del veronese Alessandro Torri.
Il periodo post unitario fino allo scoppio della prima Guerra mondiale vede alternarsi momenti di debolezza a momenti di intensa attività nei quali si succederanno alla Presidenza autorevoli intellettuali del mondo scientifico e letterario: Cesare Studiati, Giuseppe Meneghini, Francesco Silvio Orlandini, Carlo Strozzi, Pietro Marchi, Antonio Stoppani, Giovanni Capellini, Isidoro Del Lungo. La presenza di insigni studiosi delle scienze paleontologiche darà nuovo impulso alle raccolte del museo.
Nel passaggio fra i due secoli particolarmente incisiva sarà la presenza di Ruggero Berlingozzi, infaticabile animatore di tante iniziative culturali e sociali nel territorio valdarnese che riprenderà la pubblicazione delle «Memorie Valdarnesi» sull’onda del risveglio degli studi storici.
Nel periodo fascista l’Accademia sarà commissariata e perderà completamente la sua libertà d’azione.
Il drammatico passaggio della guerra danneggerà fortemente il patrimonio dell’Accademia, finché con l’avvento della Repubblica ripresero lentamente le attività e si procedette al restauro integrale dei locali, sotto la guida di Brunetto Bucciarelli Ducci, allora presidente della Camera dei deputati.
Negli anni ’80 si apre un periodo particolarmente fertile grazie ad un cambio generazionale promosso dall’indimenticabile vice-presidente prof. Moretti. In particolare vengono incrementate le attività didattiche nelle scuole ed il settore editoriale. Si succedono alla Presidenza Guido Di Pino, Franco Cardini, Leonardo Rombai.
Nel 2014 dopo un ampio restauro la vita dell’Accademia ha ripreso integralmente le sue attività sotto la presidenza del prof. Franek Sznura (al suo secondo mandato), arricchita di nuovi settori (Audioteca, Laboratorio di restauro e Sezione archeologica). Oggi è guidata dal presidente prof. Lorenzo Tanzini.
Chi scorre i nomi che nel corso della sua lunga storia si sono associati all’Accademia non può fare a meno di meravigliarsi del fatto che tanti illustri personaggi (da Manzoni a Mamiani, da Capellini a Del Lungo) avessero accettato di far parte di un Sodalizio oggettivamente periferico rispetto ai centri culturalmente più vivaci di Firenze, Pisa, Siena.
Si possono individuare alcuni fattori che certamente giustificano questa partecipazione che non è stata solo nominale, ma nella gran parte dei casi convinta e fattiva collaborazione.
Innanzi tutto Sacchetti e i suoi successori hanno avuto la capacità di instaurare e tenere aperti canali privilegiati con gli ambienti culturali più vivaci del momento in cui sono vissuti, superando spesso i confini della Toscana e dell’Italia.
Questa “apertura” è stata oggettivamente favorita dalla presenza della raccolta di fossili, una delle più antiche ed originali collezioni formata quasi esclusivamente di reperti “indigeni”.
Una mai sopita coscienza dell’identità del territorio valdarnese. Identità da valorizzare e da difendere al di là di ogni campanilismo nel segno di un continuo arricchimento e nel confronto con ogni realtà altra.
La ricerca continua e talvolta sofferta di un superamento di quella cultura (accademica appunto, nel senso deteriore della parola o quella di più recente fortuna segnata dall’effimero) per tessere un dialogo continuo con quanto intorno sta maturando, in termini sociali, economici, scientifici e politici e soprattutto per fornire adeguati strumenti critici alle giovani generazioni.
Occorre ricordare che in seno all’Accademia furono concepite iniziative o maturate idee che resero il Valdarno una delle zone più vivaci d’Italia: dalla cura della scuola e dell’educazione popolare, alla promozione dell’agricoltura e dell’industria, dalla ricerca storica e scientifica, all’attenzione al disagio sociale; ma non si può far a meno di ricordare il concreto contributo che tanti soci seppero dare, pagando spesso di persona, al tormentato cammino dell’Unità italiana.
L’adozione di un metodo (quasi un culto) di assoluta libertà ed autonomia rispetto alle Istituzioni pubbliche grazie all’assoluta gratuità con cui si mossero e ancora si muovono i suoi soci e i suoi dirigenti. Ciò nel segno di un convinto spirito di servizio nei confronti del territorio e della comunità valdarnese. Non a caso il presidente Sznura, nell’atto del suo insediamento ebbe a definire l’Accademia un nucleo di resistenza civile e più recentemente una ecclesia laica.